CHI SIAMO
IL NOSTRO MANIFESTO
Non e' certo compito della nostra associazione azzardare teorie sul significato da attribuire alla complessa parola ARTE. Nessuno di noi possiede strumenti adeguati per inoltrarsi su percorsi cosi' accidentati.Sappiamo pero' con precisione cio' che piace a noi, conosciamo bene quali sono le opere che ci emozionano e che ammirarle e' un piacere per i sensi e per l'anima.
Sappiamo con altrettanta certezza che l'emozione non puo' essere veicolato da terzi, il piacere che regala un'opera d'arte non puo' essere suggerito. L'arte, a nostro avviso, non ha bisogno di essere spiegata. Un'opera d'arte deve piacere, stupire, emozionare subito, appena ammirata, senza dover preventivamente conoscere l'autore o averne letto le prestigiose recensioni che lo riguardano. Una spiegazione puo' essere utile solo come supporto, per conoscere chi sono i personaggi, che cosa rappresentano, quali sono i simboli richiamati, le allegorie scelte o il perche' di quella scena e di quelle specifiche posture o scorci.
Non abbiamo piu' intenzione quindi, di sentirci degli imbecilli di fronte a qualcosa che non capiamo cosa sia e che non ci regala assolutamente nulla. Ne abbiamo piu' intenzione di tenere per noi l'opinione che quelli che per noi sono semplici sgorbi, al contrario, diremo, ogni volta che li vorremo commentare, che li troviamo ridicoli e spiacevoli: urleremo con tutta la nostra forza che quei lavori privi di significato e realizzati senza padroneggiare la benche' minima capacita' tecnica, anche se sono considerati di grande valore e stimati cifre da capogiro, per noi sono delle realizzazioni insignificanti. L'opera d'arte, o almeno l'opera d'arte che piace a noi, deve essere accessibile, chiara, immediata, non deve avere bisogno di prolisse, oscure e logorroiche recensioni. E cio' si realizza solo attraverso una solida base tecnica. L'arte svelata esclusivamente dal critico spesso non ha nulla da svelare.
Noi vogliamo contribuire a chiudere l'epoca in cui milioni di appassionati d'arte, di fronte ad oggetti o tele inspiegabili debbano sentirsi degli ignoranti.
Le incrostazioni filosofiche che hanno condotto al divorzio fra arte e tecnica devono essere rimosse. Sono sovrastrutture con radici lontanissime. Gia' dal romanticismo "la questione della tecnica e del fare artistico viene giudicata alternativa al tema della naturalita' del genio o al carattere di ipostasi metaforica attribuita all'arte stessa". Diderot in ARTE del 1751 tenta un riavvicinamento dell'arte alla tecnica, ritenendo che fare arte significhi utilizzare produzioni tecniche. Poi saranno di nuovo in tanti ad aumentare la distanza fra arte e tecnica, Kant con la distinzione fra arte meccanica e arte estetica descritta nel paragrafo 44 della CRITICA DEL GIUDIZIO, poi Croce attraverso la "nota esclusione di qualsiasi portata della tecnica dal significato ultimo dell'opera d'arte", ancora Antonio Baffi che sancisce l'autonomia dell'arte da qualsiasi vincolo con la tecnica fino a Dino Formaggio che nella Fenomenologia della tecnica Artistica afferma che "ogni tecnica cerca di liberarsi in arte e che l'arte trova continuamente la sua tecnica" una frase cosi' oscura da andare bene per tutto ed il contrario di tutto, come dire "fate cio' che volete, lacerate tele o macchiatele a caso che tanto poi arrivera' qualcuno a dire che anche quella roba li' e' un'opera d'arte con una sua particolare tecnica".
A cavallo fra 800 e 900 il movimento Arts and Crafts (1888) fondato da W. Morris (1834 - 1896) insieme alla scuola d'arti applicate il Bauhaus, prova ad eliminare il diaframma che separa arte e artigianato restituendo valore alla tecnica. Vengono rivalutate la bottega rinascimentale e le arti figurative, ma rimasero comunque movimenti rivolti solo ad una ristretta elite'.
La separazione irreversibile fra arte e tecnica arrivo' infine con la nascita di nuove e specializzate tecniche, da quella fotografica a quella cinematografica. La nefasta convinzione che uno scatto fotografico potesse sostituire e renderlo migliore il prodotto della mano fu il colpo di grazia. Si arrivo' al paradosso che la presenza della tecnica rappresentasse qualcosa di antiartistico. Puo' farlo la macchina fotografica perche' perdere tempo con la matita? Che e' come dire "puo' essere realizzato con uno stampo in gesso perche' intagliare il marmo? "oppure "posso comprarle identiche in plastica al mercatino sotto casa perche' ancora mi affanno a coltivare un giardino di rose?", autentiche bestemmie.
Da oltre un secolo questa scellerata convinzione che la tecnica nulla abbia a che fare con l'arte ha sdoganato chiunque. Ora tutto: un taglio sulla tela, un water poggiato al centro di una stanza, una tela 3mx2m colorata uniformemente di un blu scuro monocromo e monotono, diventano opere d'arte se a volerlo sono 2 o 3 influenti critici d'arte con qualche amico mercante d'arte.
L'aberrante convinzione che la tecnica non sia utile a dare libero sfogo alla creativita' e al talento ma che al contrario ne possa rappresentare addirittura un limite, a nostro avviso, ha gettato l'arte in un periodo buio e totalmente insignificante per i posteri.
Quando nel tremila o nel duemilacinquecento si parlera' dell'arte del ventesimo e del ventunesimo secolo, si narrera' di un periodo sterile, privo di guida, di fondamenta, pilotato da critici d'arte che piu' o meno in buona fede decidevano praticamente a caso cio' che poteva entrare nel novero dell'arte e cio' che ne doveva rimanere fuori. Un oscuro medioevo.